Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicata su Zona di Disagio
Ci sono opere che ci chiedono di superare i nostri limiti, perché già
dalle prime righe ci pongono interrogativi estremi. Chi ha letto Thomas
Bernhard sa bene che la sua scrittura va oltre ogni idea e sfida le
nostre certezze. La sua frase infinita, nella quale si incontrano e si
scontrano concetti diametralmente opposti, tanto da creare un discorso
contraddittorio, ribalta ogni nostra concezione. Non c’è stato e forse
non ci sarà mai più uno scrittore come lui, capace di far dialogare la
vita e la morte.
Prima di leggere uno dopo l’altro i cinque libri che compongono questa autobiografia, ossia, L’origine, La cantina, Il respiro, Il freddo e Un bambino, raccolti da Adelphi in un unico volume, ho consultato il saggio del filosofo Aldo Giorgio Gargani, L’arte di esistere contro i fatti,
riproposto da Lamantica Edizioni. Ebbene, proprio nella parte dedicata a
Thomas Bernhard ho potuto apprendere alcuni dei passaggi più importanti
della vita dell’autore austriaco. La sua scrittura, infatti, è il
risultato di un’esistenza costellata da elementi contraddittori e in cui
la vita e la morte si sono sempre presentate con gli stessi abiti,
camuffandosi.
Vita amara quella di Thomas, figlio non riconosciuto dal padre; nato
nel 1931, nei Paesi Bassi, perché qui sua madre, Herta, ha potuto darlo
alla luce lontano dagli occhi degli austriaci, sempre pronti a
giudicare meschinamente una donna sedotta e abbandonata. Bernhard è
quindi nato fuori dalle regole sociali del tempo e sempre vi si opporrà.
Questi cinque libri non raccontano per filo e per segno la sua vita, ma
solo gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Gli anni dolci e
terribili che lo hanno formato. Ma c’è un altro aspetto: i libri di
questa Autobiografia potrebbero essere letti anche come
semplici romanzi, perché l’intento dello scrittore non è stato quello di
parlare di sé, ma di un’anima.
La storia di un’anima è sostanza di esperienze in cui tutti possono riconoscersi. È un io collettivo
che si racconta, che prova a ricordare, ma che sa di non poter essere
del tutto chiaro. Bernhard ha capito che per l’uomo dire la verità è
impossibile. Tutto è contraffatto, pertanto, la vita è una somma di
contraffazioni. Più si prova a dire la verità, più ci si rende conto che
le parole non sono in grado di rappresentare con chiarezza quello che
si è vissuto; ci si può accontentare solo del contenuto di verità nella menzogna. Pertanto,
Bernhard fa solo una veloce descrizione di alcuni episodi, cogliendone
gli elementi simbolici che richiamano nel lettore sensazioni analoghe. E
se questo è tutto ciò che ci rimane, ossia, cercare nella menzogna una
piccola parte di verità, appare lampante che non esistono in natura né
valori alti né valori bassi.
Tutto è uguale, farà dire lo scrittore a un operaio-amico di Salisburgo. Tutto è ugualeperché la vita dà a tutti la stessa ricompensa, ossia, la morte; e non v’è differenza tra chi si danna dietro una macchina da scrivere e chi si danna dietro un martello pneumatico.
Certamente, Bernhard scrive della sua vita. Si concentra sulla figura
del nonno, ossia, la sua guida; in alcuni passaggi sarà anche romantico
e vitalista; in altri ci racconterà della sua scelta controcorrente di
lasciare gli studi ginnasiali per diventare commesso. Proprio la
decisione di lavorare nel quartiere più malfamato di Salisburgo, nella
bottega del signor Podlaha, contribuirà alla sua formazione filosofica e letteraria. Proprio tra questi uomini troverà i demoni-maestri-di-vita.
Nei libri Il respiro e Il freddo, lo scrittore austriaco ci racconta della sua malattia polmonare, che mai lo abbandonerà per tutta la vita. In queste due opere, le tematiche bernhardiane hanno
il sopravvento; la vita e la morte tornano a dialogare tra loro. I
malati che vogliono sopravvivere a tutti i costi generano in lui
ripugnanza, perché aggrapparsi alla vita è una pratica contro natura.
Chi vuole leggere questi cinque libri lo faccia con amore e con
passione. Tra queste pagine troverete inni alla vita che Bernhard non
scriverà mai più nelle sue opere. In questa Autobiografia tutto
è vero e falso. Una volta conclusa l’ultima pagina non solo saprete
qualcosa di più sul conto dello scrittore austriaco, ma continuerete a
porvi interrogativi estremi, gli unici ai quali si può rispondere
intimamente e con sincerità.
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